Anche due frati aretini tra i testimoni del Perdono di Assisi, avvenuto il 2 agosto 1216.
Mons. Fontana presiede la Santa Messa domenica 2 agosto, alle 11, a La Verna e alle 18 alle Celle di Cortona.
Domenica 2 agosto, il mondo cattolico vivrà una grande festa per la celebrazione del Perdono d’Assisi, la grande Indulgenza Plenaria della Porziuncola (la piccola chiesa situata all’interno della Basilica di santa Maria degli Angeli, ad Assisi) concessa da papa Onorio III a san Francesco il 2 agosto 1216, per tutti i fedeli.
Una festa particolarmente amata e vissuta anche dalla Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, sia per la grande presenza francescana nel proprio territorio (primo fra tutti il Santuario de La Verna, oltre a varie comunità maschili e femminili rappresentanti la Famiglia francescana) che per la testimonianza diretta di fra’ Benedetto d’Arezzo e fra’ Rainiero di Mariano d’Arezzo, frati aretini del convento della Basilica di san Francesco, che costituì un importante elemento per la determinazione del c.d. Diploma di Teobaldo, il principale documento storico relativo alla concessione di tale indulgenza, redatto dal frate minore e vescovo di Assisi Teobaldo (da cui il nome) ed emanato dalla curia vescovile assisiate il 10 agosto 1310.
Il vescovo Riccardo, alle 11, celebra la Santa Messa, presso il santuario de La Verna (diretta sull’emittente Tsdtv al canale 85 e www.tsdtv/live) e alle 18 a Le Celle di Cortona.
“La nostra Diocesi ricorda con particolare devozione il Perdono d’Assisi – sottolinea l’arcivescovo Riccardo Fontana – sia per il grande legame con i Padri del Sacro Monte de La Verna sia perché proprio due frati di Arezzo, fra’ Benedetto e fra’ Rainiero di Mariano d’Arezzo, resero testimonianza diretta di quanto avvenuto tra san Francesco e papa Onorio III, attestando di aver udito da fra’ Masseo, che aveva accompagnato a Perugia san Francesco, la narrazione della concessione dell’Indulgenza”.
“L’aspetto religioso più importante del Perdono d’Assisi – continua monsignor Fontana – sta nella grande utilità spirituale per i fedeli stimolati, per goderne i benefici, al sacramento della confessione e della comunione eucaristica. Quindi – ancora mons. Fontana – l’evento del Perdono della Porziuncola deve intendersi come una manifestazione della misericordia infinita di Dio e un segno della passione apostolica di Francesco d’Assisi: un evento che può costituire per tutti noi un prezioso viatico per vivere con ulteriore intensità e partecipazione la comunione nella nostra Chiesa locale, soprattutto in questo periodo, così provato dall’emergenza sanitaria”.
SCHEDE
a)
Perdono di Assisi
Le Fonti Francescane (3391-3399) narrano che, in una notte del 1216, san Francesco era completamente immerso nella preghiera presso la Porziuncola di Assisi, quando improvvisamente la piccola chiesa fu irradiata da una luce vivissima ed egli vide sopra l’altare Gesù e sua Madre, circondati da una moltitudine di Angeli. Gesù parlò a Francesco chiedendogli di esprimere un desiderio per la salvezza delle anime.
La risposta di Francesco fu immediata: “Ti prego che tutti coloro che, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, ottengano ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe”.
“Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande – gli rispose il Signore -, ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza”.
Francesco – raccontano ancora le Fonti – l’indomani mattina si mise subito in cammino per Perugia, dove si trovava papa Onorio III, eletto da poco al soglio pontificio.
A quei tempi era uso che l’indulgenza plenaria, ovvero la remissione di ogni peccato, potesse essere concessa solo a seguito della cessione di un obolo o di un grande pellegrinaggio di massa. San Francesco chiese invece, ottenendola, una formula diversa con un’unica restrizione: che l’indulgenza valesse solo per una giornata.
Alla domanda del papa: “Francesco, per quanti anni vuoi questa indulgenza?”, il Santo rispose: “Padre santo, non domando anni, ma anime!”. E, felice, il 2 agosto 1216, assieme a sette Vescovi dell’Umbria, annunciò al popolo convenuto alla Porziuncola: “Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!” .
Da allora, ogni 2 agosto, da ottocento anni, è festa grande per la Chiesa cattolica.
In un primo momento, l’indulgenza plenaria venne elargita ai fedeli in visita alla Cappella della Porziuncola tra la mezzanotte del 1 agosto e la mezzanotte del 2 agosto; in seguito questa pratica è stata estesa a tutte le chiese francescane e, successivamente, anche alle chiese parrocchiali, in un arco temporale che va dalle ore 12 del 1 agosto alle ore 24 del 2 agosto.
Per poter avere l’Indulgenza della Porziuncola per sé o per un caro defunto occorre osservare alcune condizioni necessarie:
· ricevere l’assoluzione per i propri peccati nella Confessione sacramentale, celebrata nel periodo che include gli otto giorni precedenti e successivi al 2 agosto;
· aver ricevuto il sacramento della Comunione nello stesso arco di tempo indicato per la confessione;
· pregare secondo le intenzioni del Pontefice per riaffermare la propria appartenenza alla Chiesa, il cui fondamento e centro visibile di unità è il Romano Pontefice; recitare le preghiere del Padre Nostro, dell’Ave Maria, del Gloria al Padre e il Credo per riaffermare la propria identità cristiana.
b)
Fra’ Benedetto d’Arezzo
Benedetto, figlio di Tommaso Sinigardo de’ Sinigardi e della contessa Elisabetta Tarlati di Pietramala, due tra le famiglie più importanti di Arezzo, aveva vent’anni quando ascoltò le parole di san Francesco, nel 1211, in piazza Grande.
Le parole del Poverello d’Assisi penetrarono così in profondità nel suo cuore che, commosso, decise di cambiare vita.
Aveva ricevuto una buona istruzione ed era un buon cristiano, frequentava le funzioni sacre digiunando tre volte alla settimana. Il suo animo era dunque pronto ad accogliere le parole del Serafico Padre e la sua scelta fu radicale, e come lui lasciò gli agi e le ricchezze per abbracciare gioiosamente sorella povertà. Ricevette l’abito direttamente dalle mani di Francesco. Di animo buono, aveva eccellenti qualità che lo fecero subito amare e stimare dai confratelli e dal popolo. A soli 27 anni fu nominato Ministro Provinciale delle Marche. L’ardore di pronunciare il Vangelo gli fece chiedere, successivamente, di andare missionario in terre lontane, anche tra gli infedeli e a rischio della vita. Andò in Grecia, in Romania e in Turchia e toccò con mano le realtà causate dallo scisma tra la Chiesa d’Oriente e quella d’Occidente. Tappa finale della sua missione furono i luoghi in cui si incarnò e visse il Figlio di Dio. Fu eletto Ministro Provinciale per la Terra Santa e nei sedici anni di permanenza in quelle terre costruì il primo convento francescano di Costantinopoli, avendo rapporti cordiali anche con l’Imperatore.
Secondo la tradizione Giovanni di Brienne, imperatore di Costantinopoli, seguendo l’esempio di S. Luigi dei Francesi e di S. Elisabetta d’Ungheria, volle ricevere dalle mani di Benedetto l’abito francescano.
Dopo questa intensa attività apostolica, ormai anziano, fu richiamato in patria nella città natale; ad Arezzo il convento dei Frati Minori era allora situato nella zona di Poggio del sole. Qui morì nel 1282, circondato dalla fama di santità.
Gli si attribuirono subito miracoli e fu proclamato beato dal popolo prima che dall’autorità ecclesiastica. Non sono pervenuti suoi scritti, ma vi sono due testimonianze della sua spiritualità, incentrata sulla devozione alla Passione di Gesù e verso la Santa Vergine.
Commissionò, negli ultimi anni di vita, il Crocifisso detto “del Beato Benedetto”, oggi sull’altare maggiore della Basilica di S. Francesco, e nella stessa Basilica si trova il suo corpo, ivi trasportato dopo l’abbattimento del convento in cui era morto.
Al Beato Benedetto, inoltre, si attribuisce la bellissima consuetudine di recitare quotidianamente l’antifona “Angelus locutus est Mariae”, meditando il mistero salvifico dell’incarnazione del Figlio di Dio.
L’Angelus Domini divenne una pia pratica cara prima a tutto l’ordine francescano, poi a tutta la Chiesa, e lo è tuttora.
Nella sua visita ad Arezzo Giovanni Paolo II, il 23 maggio 1993, dopo aver sostato in preghiera davanti alla tomba del Beato Benedetto, nel suo discorso disse: ” E’ sempre molto suggestiva questa sosta a metà della giornata per un momento di preghiera mariana. Lo è oggi in modo singolare, perché ci troviamo nel luogo dove, secondo la tradizione, è nata l’usanza di recitare l’Angelus Domini”.
Fra’ Rainiero di Mariano d’Arezzo
Non conosciamo la data di nascita di fra’ Rainiero, frate laico francescano, morto a Sansepolcro, sua città natale, il 1 novembre 1304 e, da subito, venerato come santo dal popolo.
Trascorse la sua vita nel compimento delle umili mansioni di portinaio e questuante, entrando così, vero poveri fra i poveri, a contatto con la gente umile e semplice del popolo e con tutti quei bisognosi che alla porta del convento trovavano un po’ di cibo.
A pochi giorni dalla morte il comune, che aveva provveduto a fare imbalsamare il corpo e a raccogliere le testimonianze dei miracoli attribuiti al beato, fece erigere un altare monumentale in onore di Rainiero. Sull’altare, tuttora esistente nella chiesa di san Francesco a Sansepolcro, si legge in latino: “Nell’anno del Signore 1304, nella festa di tutti i santi, il santo Ranieri migrò al Signore. In quell’anno il comune del Borgo fece fare quest’altare per onore di Dio e per la magnificenza di detto santo. Amen”.
Fra i miracoli attribuiti a Rainiero dopo la sua morte anche la resurrezione di due bambini, per cui il beato è oggi invocato dalle partorienti.