Finalmente cominciano ad arrivare i primi miliardi del Recovery. Il PNRR Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza presentato dall’Italia alla fine di aprile è stato approvato a pieni voti con dieci A ed una sola B e la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen è venuta personalmente a Roma a comunicare a Draghi che i primi 25 miliardi di € arriveranno in Italia entro l’estate.
E’ sicuramente una buona notizia per le esangui casse pubbliche che hanno “festeggiato” pochi giorni fa il record assoluto del debito pubblico arrivato a 2.680 miliardi di €, ma questi fondi che a rate dovrebbero arrivare fino all’anno 2026 saranno subordinati a tutta una serie di vincoli a cui il nostro Paese sarà assoggettato. E’ assolutamente ovvio che 191 miliardi di cui quasi 70 a fondo perduto sarebbero stati condizionati ad una serie di regole ma speriamo che ‘il ricatto” perché di questo si tratta, sia gestibile.
Oltre a capitoli assolutamente necessari e condivisibili per noi come la transazione ecologica e digitale, la realizzazione delle grandi opere pubbliche e la gestione e risoluzione di rischio idrogeologico del territorio ci sono la realizzazione di quelle grandi riforme come la digitalizzazione della P.A., della giustizia, del fisco e della previdenza che gli italiani aspettano da oltre vent’anni e che non siamo stati capaci di realizzare.
Abbiamo assolutamente bisogno di questi fondi perché la pandemia in diciotto mesi ci ha causato danni devastanti. L’aspettativa di vita in un solo anno ha visto una diminuzione di 1 anno e 5 mesi. Il PIL sceso in un anno del 9%, un rapporto deficit/PIL schizzato al 160%. E poi quando terminerà il blocco dei licenziamenti imposto dal governo molto probabilmente i posti di lavoro persi supereranno il numero di 1.000.000 di unità.
Ma l’Europa tramite un alto funzionario fa sapere che “l’Italia, assieme a Cipro e Grecia continua a registrare squilibri eccessivi, legati all’elevato debito pubblico e all’elevata quota di crediti deteriorati, per questo motivo il Belpaese dovrebbe limitare la crescita della spesa corrente finanziata a livello nazionale ma anche aumentare gli investimenti, pur proseguendo una politica di bilancio prudente”.
In Conferenza stampa poi il Vicepresidente Vladis Dombrovski prosegue “l’intera attività economica dovrebbe tornare al livello di pre-crisi entro quest’anno e ci aspettiamo che tutte le economie degli stati membri torneranno ai livelli di pre-crisi entro la fine dell’anno prossimo quando tornerà il patto di stabilità”.
In sostanza l’Italia deve limitare le spese correnti e incrementare la “spending review”, e soprattutto in ambito previdenziale deve contenere la spesa che rischia di arrivare al 18% del PIL alla fine del decennio. Anche perché noi continuiamo a conteggiare insieme previdenza ed assistenza per cui risultiamo a livello europeo lo Stato che spende di più ma scorporando le due voci saremmo perfettamente in linea con gli altri al pari, per esempio, di Germania e Francia.
Ci saranno delegazioni dell’Unione Europea che semestralmente prima di erogare ulteriori fondi verranno in Italia a verificare se i denari già erogati sono stati spesi nelle materie di competenza con i criteri concordati.
Insomma, non è ancora terminata la pandemia ma sembra che tutto questo per l’Europa sia stato solo una brutta parentesi e tutto possa tornare come prima. Si torna nuovamente, immediatamente, al patto di stabilità, l’Italia torna ad essere nell’occhio del ciclone a causa delle spese elevate in particolare per quando riguarda la spesa previdenziale.
Le aspettative di milioni di italiani che sperano di avere una nuova legge in sostituzione della odiata legge Fornero rischiano, pertanto, di non essere soddisfatte. Inoltre, per riuscire nella difficile impresa di risollevare l’Italia la nostra classe dirigente dovrà fare uno sforzo comune a dispetto delle proprie ambizioni partitiche altrimenti saremo destinati ad essere dei comprimari nello scacchiere internazionale e perderemo completamente il nostro potere di sovranità.
Articolo scritto da Mauro Marino
esperto in economia