Presentata ieri, alla presenza, tra gli altri, della professoressa Federica Chezzi, dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, l’opera Contrasto 59-2V di Emilio Vedova, la tela che fa parte della collezione privata del Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. “Grazie all’intervento della professoressa Ghezzi abbiamo potuto approfondire e conoscere più da vicino l’artista che è stato una delle figure centrali anche nel dibattito politico dell’epoca con la sua partecipazione alla lotta di liberazione” spiega l’assessore alla Cultura, Massimiliano Lachi. Grazie alla collaborazione con il Mart è nata la collaborazione che ha prodotto, appunto, all’esposizione “Contrasto 59-2V” di Emilio Vedova che viene ospitata presso la Pinacoteca Comunale di Castiglion Fiorentino fino al 18 settembre.
Emilio Vedova nasce il 9 agosto 1919 a Venezia, autodidatta di formazione, comincia a lavorare sin da giovane per guadagnarsi da vivere. Nel 1941, rientrato a Venezia, ottiene uno studio dalla Fondazione Bevilacqua La Masa e si avvicina ai circoli antifascisti italiani. Nel 1942 espone al Premio Bergamo e aderisce al gruppo di Corrente a Milano.
Negli anni della guerra partecipa alla Resistenza e alla fine del conflitto è attivo nei principali gruppi di tendenza per il rinnovamento artistico nazionale. Nel 1951 espone per la prima volta a New York alla Galleria Viviano mentre l’anno successivo è alla Biennale di Venezia presentato da Lionello Venturi nel Gruppo degli Otto, ala astratta distaccatasi dal Fronte Nuovo delle Arti. Il linguaggio di Vedova, in questi anni già definito e maturo, consiste in una pittura gestuale apparentemente incontrollata, fortemente espressiva e violenta, caricata di valenze politiche di contestazione.
Tra gli anni Quaranta e Sessanta partecipa a numerose edizioni della Biennale di Venezia, dove nel 1956 ottiene una sala personale e nel 1960 viene insignito del Gran Premio della Pittura.
Gli anni Sessanta vendono le prime sperimentazioni dei Plurimi: modulazioni scultoree e architettoniche della pittura di Vedova che prendono corpo nello spazio emancipandosi dalla bidimensionalità della parete.
Nel 1967 realizza per il padiglione italiano dell’Expo di Montréal l’opera Spazio/Plurimo/Luce, il più grande complesso architettonico-pittorico da lui mai realizzato, l’anno dopo è attivo all’interno del clima di contestazione sessantottino con interventi e azioni ai Controconcorsi dell’Accademia di Venezia, dove insegnerà fino al 1986.
Negli anni Novanta e negli anni Duemila continua l’intensa attività espositiva di livello internazionale che trova un degno coronamento nel 1997 con il conferimento del Leone d’Oro alla Carriera alla Biennale di Venezia. Muore nel 2006 nella città d’origine.
L’opera esposta presso la Pinacoteca Comunale, infatti, nasce da un rapporto intensamente fisico con la tela che viene aggredita con forza dal colore, steso con strumenti non tradizionali come stracci e scope di saggina. Nel dipinto si intrecciano, così, le tracce di un gesto che è espressione di un impulso vitale, capace di generare un peculiare effetto di contrasto e di scontro di forze. Questo nuovo linguaggio astratto-gestuale affonda le sue radici nel dinamismo futurista e nella soggettività espressionista e si sviluppa in parallelo all’Action Painting americana.