Quasi 37.000 morti, oltre 400.000 infettati, 1.000 pazienti in terapia intensiva, ospedali che ormai non ricevono più persone per le altre patologie, medici e infermieri ormai allo stremo, pronti soccorso addirittura chiusi per covid, residenze per anziani che ormai sono diventate dei bunker dove non si può né entrare né uscire.
E ancora, dal punto di vista dell’economia, quasi 700.000 posti di lavoro persi, un PIL che quest’anno scenderà di oltre il 10%, un debito pubblico che arriverà al 160% del PIL. Effetti economici che se tutto va bene saranno recuperati in non meno di tre anni.
Eppure in Italia c’è un settore che almeno all’apparenza non conosce crisi, quello del pallone.
Giunto in Italia dall’Inghilterra alla fine del secolo scorso il mondo del pallone ha fin da subito interessato ed appassionato milioni di Italiani che lo hanno decretato in pochissimo tempo sport nazionale. Ed effettivamente questo sport anche per i risultati importanti fatti dalla sua Nazionale ha catturato l’interesse delle persone in particolare di sesso maschile che aspettavano la domenica per poter andare allo stadio a vedere la partita.
Ci sono state poi nel corso dei decenni varie idee che hanno ulteriormente giovato a questo gioco. Una per tutte l’istituzione del Totocalcio nel 1946 abbinato alle partite di calcio della domenica. La famosa schedina con i risultati 1 se vinceva la squadra di casa, X se le due squadre pareggiavano, 2 se vinceva la squadra in trasferta. Per decenni le persone alla domenica tentavano di indovinare i 13 risultati (ricordiamoci che tutti i 60 milioni di italiani sono secondo loro Commissari Tecnici) e il rito della schedina alla domenica era entrato nelle case di tutti gli italiani.
Poi una quindicina di anni fa il primo cambiamento. I giocatori non erano solamente italiani e prima con non più di tre giocatori per squadra, poi l’avvento dei giocatori comunitari ha fatto sì che adesso ci sono squadre italiane che in campo scendono con tutti giocatori stranieri. Questo, anche se dal punto di vista della Nazionale è un danno, ci può anche stare perché ormai si vive nella globalità, siamo tutti cittadini del Mondo ed è anche giusto che come un giocatore italiano possa giocare all’estero, un altro giocatore dall’estero possa venire a giocare in Italia.
Quello che invece negli ultimi anni è diventato intollerabile è la presenza massiccia delle televisioni a pagamento che hanno stravolto completamente il gioco che è ormai diventato soltanto un business.
Con offerte alla Lega Calcio addirittura non più milionarie ma miliardarie (si pensi soltanto che per il triennio 2018-2020 il totale delle varie offerte SKY, DAZN ecc. ha portato alla Lega Calcio la somma stratosferica di quasi miliardo e mezzo di €) hanno imposto le loro regole.
Le partite di calcio non si svolgono più tutte insieme alla domenica ma per poter essere viste in TV il più possibile si giocano praticamente ogni giorno della settimana. Le squadre, soprattutto le più quotate, incassano cifre da capogiro. I diritti televisivi per le società rappresentano ben oltre la metà dei loro stratosferici bilanci annuali.
Per capire che ormai il calcio è un business a tutti gli effetti basti pensare che diverse società di serie A sono quotate in borsa. Quindi sono delle società di capitali a tutti gli effettui. Con bilanci, con azionisti, con utili da distribuire.
Gli incassi derivanti dal pagamento dei biglietti per intenderci, che da sempre per il mondo del pallone rappresentava l’introito maggiore, ormai rappresenta circa il 11% del bilancio annuale. La parte più rilevante arriva da diritti televisivi, sponsor sulle tenute sportive dei giocatoti, pubblicità a bordo campo.
L’assurdo è stato toccato in questi mesi, con il covid che sta facendo danni incalcolabili sia come vite umane e che a livello economico sta sconquassando tutto il mondo. Il calcio va avanti. Anche senza pubblico.
E la minaccia di SKY e DAZN di non pagare la rata di circa 300.00 milioni di € alla Lega calcio se non si ricominciava a giocare ha fatto sì che il campionato di calcio riprendesse a tutti i costi, anche senza pubblico. Si è cercato di fare vivere giocatori, allenatori, dirigenti quasi in una bolla.
I contagi da covid però sono continui, ci sono state squadre che hanno avuto addirittura 8 giocatori positivi al virus, ma niente è riuscito a fermare il business, the show must go on, a discapito di tutto e di tutti e con la consapevolezza di giocare un campionato di calcio completamente falsato.
Di Mauro Marino
Nato a Peschiera del Garda. Pensionato dal 1 luglio 2020 con quota 100. Per 40 anni all’Agenzia delle Entrate di Trieste. Appassionato di economia e pensioni